Hans H. Reich
1. Interrogativi
Generalmente non ci si interroga sull’efficacia dell’insegnamento LCO per semplice interesse o curiosità. La domanda in sé evidenzia piuttosto che tale insegnamento è a rischio ed è al centro di un dibattito che vede contrapporsi argomenti pro e contro la sua legittimazione nell’ambito del sistema educativo.
Gli studi sull’insegnamento LCO non riguardano i metodi di insegnamento, il materiale didattico e di apprendimento o le decisioni relative all’organizzazione scolastica, né gli effetti che hanno le caratteristiche strutturali o sociolinguistiche delle varie lingue d’origine sui processi e sul successo di apprendimento; essi riguardano piuttosto una questione più generale: sapere se la partecipazione ai corsi LCO contribuisce al successo scolastico nel paese di immigrazione, o se invece lo ostacola.
A tal proposito, è però opportuno esaminare in che modo tale domanda dovrebbe essere interpretata. Si potrebbe intendere che si tratta di stabilire se le prestazioni fornite nell’ambito dell’insegnamento LCO sono riconosciute all’interno del sistema educativo, e se fanno parte del successo scolastico così come le prestazioni in altre materie, ma la domanda raramente è da intendersi in questi termini.
Si potrebbe anche pensare che la domanda riguarda il ruolo che l’insegnamento LCO gioca ai fini del raggiungimento degli obiettivi principali del sistema educativo che sono validi per tutte le materie, e se esso permette di sensibilizzare la consapevolezza linguistica, di rafforzare le competenze interculturali o di promuovere la capacità di apprendere autonomamente.
Ma queste problematiche non sono ancora state oggetto di studi scientifici e spesso la domanda viene intesa così: l’insegnamento LCO favorisce o compromette l’integrazione degli allievi nel sistema scolastico del paese di immigrazione, o più precisamente, esso promuove o piuttosto ostacola l’acquisizione della lingua di scolarizzazione e di formazione del paese di immigrazione?
La domanda suona in effetti un po’ insolita: infatti non ci si chiede di certo se l’insegnamento della fisica contribuisca all’apprendimento della matematica, o se la lezione di francese migliori le prestazioni in inglese.
Nel caso dell’insegnamento della lingua d’origine, tuttavia, la domanda viene posta in questi termini, e questo tipo di questione suscita un interesse piuttosto ampio: non mancano prese di posizioni pedagogiche e politiche al riguardo. Qui di seguito presentiamo solamente quelle pubblicazioni che rispondono ai requisiti di qualità dal punto di vista scientifico.
2. Studi negli Stati Uniti
Hopf adotta una visione molto critica nei confronti dell’insegnamento LCO (2005, 2011), riallacciandosi agli studi americani degli anni ’70 che hanno analizzato i rapporti tra il tempo della lezione impiegato per lo svolgimento (inter-)attivo di compiti scolastici (time on task) e le prestazioni scolastiche degli allievi. L’autore afferma: «Maggiore è il tempo che gli allievi migranti impiegano per l’apprendimento attivo della L2 [= seconda lingua o lingua di scolarizzazione; N.d.R.], più si svilupperanno le loro competenze in questa lingua. Se, invece, essi investono il loro tempo – sempre limitato! – nell’apprendimento della L1 [= prima lingua; N.d.R.], rimane loro ovviamente meno tempo per le altre materie» (Hopf 2011, p. 26). Questa argomentazione è tuttavia opinabile, poiché trasforma una dichiarazione di didattica generale – sicuramente verificabile – in un’incomprensibile concorrenza tra materie che non è possibile verificare senza fornire una spiegazione sul perché l’insegnamento della lingua d’origine sia da considerare in concorrenza con il tedesco (in fondo anche l’apprendimento dell’inglese, dello sport, delle arti figurative, della matematica e delle altre materie richiede del tempo). La tesi di Hopf va dunque assolutamente verificata.
Tale verifica è stata effettuata anzitutto da Söhn (2005) che, riallacciandosi agli studi americani sull’efficacia dei modelli di educazione bilingue (effectiveness of bilingual education), esamina con occhio critico gli studi recenti. L’autrice fa riferimento in particolare a due meta-analisi, cioè a studi che valutano un gran numero di singoli studi e che riassumono i risultati comparandoli. Söhn conclude così: «Non esistono prove che i programmi scolastici bilingui abbiano un effetto negativo sulle prestazioni scolastiche della seconda lingua (L2). Ciò è stato studiato in particolare in riferimento all’influenza sulle competenze di lettura. L’affermazione di base, relativamente certa, secondo la quale l’insegnamento bilingue o l’insegnamento integrativo della e nella madrelingua non nuoccia, implica anche che l’ipotesi del time-on-task (…) non può essere convalidata in questo contesto. Se una parte delle lezioni scolastiche vengono impartite in un’altra lingua rispetto a quella delle lezioni regolari, ciò non implica automaticamente il peggioramento delle prestazioni nella seconda lingua o nelle altre discipline» (ibidem, p. 64).
Gli studiosi americani sono d’accordo su un altro punto: l’insegnamento della lingua d’origine migliora in maniera significativa il livello della lingua d’origine, ben oltre quanto viene acquisito nella comunicazione quotidiana (cfr. ibidem, p. 60).
Ciò può sembrare apparentemente irrilevante ma, in considerazione della situazione linguistica in contesti migratori e delle condizioni di insegnamento spesso difficili, è sicuramente da considerare come un effetto positivo.
Gli studiosi americani sono in disaccordo in merito ai possibili effetti positivi sull’apprendimento della seconda lingua, in questo caso l’inglese. Ecco come Söhn si esprime ancora al riguardo: «In relazione all’ipotesi che programmi bilingui o l’insegnamento della madrelingua non abbiano effetti neutrali ma piuttosto positivi sulle competenze della L2 e sulle prestazioni scolastiche nella L2, non esistono ancora prove evidenti e attendibili allo stato attuale della ricerca. A seconda del modello di insegnamento e di altre caratteristiche contestuali, l’effetto varia da neutrale a molto positivo» (ibidem, p. 64; cfr. anche Esser, 2006, p. 387 – 398). Neanche gli studi che sono stati pubblicati negli Stati Uniti nel corso degli anni seguenti sono riusciti a risolvere tale controversia. La panoramica più recente (Grooms, 2011) si conclude con la seguente constatazione: «Benché buona parte della ricerca suggerisca che l’educazione bilingue sia superiore ai programmi scolastici che prevedono solo l’inglese, essa comunque non fornisce in definitiva prove concrete a favore di un determinato modello educativo, lasciando ancora spazio per dibattiti e differenti decisioni nella politica dell’educazione e nella pratica dell’insegnamento» (ibidem, p. 147).
Sono in particolare le carenze metodologiche di numerosi studi e i problemi di comparabilità tra differenti modelli negli Stati Uniti che non permettono un giudizio definitivo. Dal punto di vista dei sistemi educativi germanofoni, si aggiunge il fatto che l’insegnamento bilingue (bilingual education) negli Stati Uniti non può essere direttamente comparato con i modelli di insegnamento di Germania, Austria e Svizzera perché questi corrispondono in ogni caso a una piccola parte dei modelli americani e sono inoltre inseriti in altri contesti politico-educativi.
3. Studi in area germanofona
In area germanofona gli studi scientifici rilevanti sono rari e hanno un raggio d’azione limitato. L’ampiezza dei loro sondaggi non è paragonabile alle dimensioni americane.
Nell’anno 2005 – 2006 nel Canton Zurigo è stato condotto uno studio insieme a 51 allievi di madrelingua albanese e 29 di madrelingua turca della 4a – 6a classe che avevano frequentato i corsi di lingua d’origine, e 46 bambini che non avevano frequentato alcun corso LCO. Si trattava di analizzare gli effetti dell’insegnamento LCO sul livello di prestazione e sui progressi d’apprendimento nell’arco di un anno in albanese, turco e tedesco (Caprez-Krompàk, 2010; esposti in maniera più esauriente al cap. 15 B). Per lo studio ci si è basati sui risultati dei test scritti (test C) in entrambe le lingue.
Per quanto riguarda l’albanese, è stato possibile affermare con certezza che gli allievi che frequentano il corso di lingua d’origine raggiungono un livello di prestazioni più alto e fanno progressi più rapidamente rispetto a coloro che non usufruiscono di tali lezioni, e questa differenza è significativa dal punto di vista statistico. I risultati per il turco non contraddicono questa affermazione, tuttavia, a motivo della proporzione del sondaggio, sono troppo incerti perché si possa trarne una conclusione definitiva. Nel caso del tedesco, sembrerebbe che i progressi di apprendimento degli allievi di madrelingua albanese dipendano quasi esclusivamente dalle conoscenze pregresse del tedesco, e che la frequenza al corso LCO non giochi praticamente alcun ruolo (per gli allievi di madrelingua turca la valutazione dello sviluppo in tedesco è stata annullata a motivo dell’insicurezza di cui si fa menzione sopra). Il primo studio su vasta scala nell’area germanofona giunge così a risultati molto simili a quelli dello stato della discussione negli Stati Uniti.
Tra il 2006 e il 2008 è stato condotto uno studio in una scuola materna della città di Zurigo (Moser et al., 2010), dove sono stati confrontati i progressi di apprendimento di 181 bambini, nei quali è stato sistematicamente promosso per oltre due anni l’apprendimento della prima lingua, e di 118 bambini, nei quali è stato esclusivamente promosso l’apprendimento della lingua tedesca. Le lingue materne dei bambini erano albanese, bosniaco/croato/serbo, portoghese, spagnolo e tamil. Nel corso dello studio sono stati analizzati i progressi di apprendimento nell’ambito della consapevolezza fonetica, del vocabolario e della conoscenza delle lettere o della prima lettura nella prima o nella seconda lingua (il tedesco). Per entrambe le lingue è evidente che i progressi sono sensibilmente determinati dal livello delle conoscenze precedentemente acquisite, mentre la promozione o meno della prima lingua non gioca alcun ruolo determinante.
Nell’ambito della conoscenza delle lettere o della prima lettura è stata tuttavia dimostrata un’influenza moderata delle competenze nella prima lingua sulle competenze in tedesco. Anche questo studio assegna all’insegnamento della madrelingua un’importanza relativamente minima. Tuttavia, gli autori lasciano esplicitamente aperta la questione relativa all’ipotesi che la quantità e la qualità del sostegno rivolto alle competenze linguistiche dei bambini possano essere considerate nell’insieme sufficienti per produrre degli effetti di transfer (Moser et al., 2010, p. 644 e segg.).
4. Una questione più generale: bilinguismo e successo scolastico
Quando si parla dell’efficacia dell’insegnamento della lingua d’origine si fa spesso riferimento a pubblicazioni di ordine generale che, pur senza far diretto riferimento all’insegnamento, mettono in discussione il legame tra bilinguismo e successo scolastico. Poiché le due questioni sono strettamente connesse tra di loro, è sicuramente utile tener conto di tali argomentazioni.
A questo proposito, la posizione di Esser (2006) è stata oggetto della nostra attenzione. Esser fa riferimento a un importante studio americano che ha rilevato gli effetti positivi del bilinguismo sulle prestazioni di lettura in inglese. Egli mette in dubbio, tuttavia, che la componente legata alla madrelingua rappresenti il fattore determinante e dimostra, attraverso un nuovo calcolo, che il suo effetto è in realtà minimo e trascurabile. Egli deduce che soltanto la conoscenza dell’inglese è rilevante per le prestazioni scolastiche e non la conoscenza della madrelingua (ibidem, p. 371 – 379).
Lo studio di Dollmann & Kristen (2010) può essere considerato una verifica di questa posizione per l’area germanofona. Tra il 2004 e il 2006, a Colonia, gli autori hanno utilizzato i test scritti (test C) per valutare le conoscenze di tedesco e di turco di 739 bambini turco-tedeschi di terza classe e li hanno comparati con i risultati di un test di intelligenza generale, di lettura e di matematica. Lo studio rivela che i bambini con buone conoscenze di tedesco, indipendentemente dal loro livello di conoscenze in turco, hanno conseguito nel test risultati migliori, mentre quelli con conoscenze di tedesco più deboli, sempre indipendentemente dalle loro conoscenze di turco, hanno conseguito risultati sensibilmente peggiori. Gli autori giungono alla conclusione che, benché il bilinguismo di alcuni non comprometta le prestazioni del test, le conoscenze di tedesco sono determinanti ai fini del successo, mentre le conoscenze della madrelingua non rappresentano una risorsa addizionale.
Uno studio rappresentativo a livello nazionale, che è stato condotto in Germania (DESI-Konsortium, 2008) sulle competenze in tedesco e in inglese degli allievi di nona classe, ha attirato l’attenzione su una correlazione alla quale nessuno aveva pensato, ma che appare tuttavia plausibile. Esso dimostra la superiorità delle competenze linguistiche in inglese degli allievi che sono cresciuti parlando un’altra lingua, oltre al tedesco, rispetto a quelli che invece sono cresciuti avendo il tedesco come unica lingua (ibidem, p. 215 – 219). Nonostante le obiezioni di Esser (2006, p. 379 e segg.), si tratta di un riferimento degno di nota che merita di essere approfondito.
5. Potenzialità e opportunità dell’insegnamento LCO
La grande incertezza nella quale brancola la ricerca, in relazione ai possibili effetti positivi dell’insegnamento LCO sull’apprendimento della seconda lingua e sul successo scolastico, indica che sono necessari ulteriori studi, solidi dal punto di vista metodologico, con quesiti più precisi e differenziati.
Lo stesso Esser, estremamente critico nei confronti dell’insegnamento LCO, ammette: «Dunque non è affatto escluso [allo stato attuale della ricerca, H.R.] che il risultato anche di un singolo studio veramente pertinente possa fornire la prova di un effetto degno di nota, anche se in condizioni particolari ma comunque degne di essere menzionate» (Esser 2006, p. 398). Nell’ambito della ricerca, sono richiesti un gran numero di requisiti che potrebbero essere presi in considerazione in questo contesto: organizzazione e qualità dell’insegnamento, differente prestigio delle lingue, distanza strutturale tra le lingue, clima culturale a scuola, immagine che i migranti hanno di sé sul piano linguistico, ecc.
Una di tali condizioni, la coordinazione del corso LCO insieme agli altri corsi, è stata oggetto di studio a Colonia durante gli anni 2006 – 2010 (Reich 2011, 2016). L’evoluzione delle competenze di scrittura di 66 allievi turco-tedeschi della scuola primaria è stata seguita per l’intero arco della scuola primaria; tuttavia, a causa della dimensione del campione, i risultati non possono essere facilmente generalizzati. L’obiettivo dello studio è quello di comparare l’efficacia di tre concetti di promozione linguistica: l’alfabetizzazione coordinata, il sostegno in tedesco con lezioni integrative nella madrelingua e il sostegno in tedesco senza elementi della lingua d’origine. Il concetto di alfabetizzazione coordinata non comprende unicamente l’apprendimento della lettura e della scrittura nelle due lingue, ma piuttosto una migliore coordinazione dei contenuti e dei metodi di insegnamento del turco e del tedesco, incluse lezioni con la presenza di due insegnanti in classe (team-teaching).
Effetti interessanti emergono soprattutto nell’ambito della scrittura di testi: qui il gruppo con promozione coordinata raggiunge, già nel secondo anno, prestazioni migliori in turco rispetto agli altri due gruppi. Nel tedesco, tali effetti si notano già in parte al terzo anno, ma risultano più evidenti nel quarto anno. Gli allievi che ricevono un insegnamento coordinato registrano delle prestazioni migliori, soprattutto in relazione alla lunghezza del testo e all’ampiezza del vocabolario.
6. Conclusione
Lo stato attuale della ricerca non è affatto soddisfacente. Due risultati appaiono comunque certi: (1) l’insegnamento della lingua d’origine promuove l’acquisizione della lingua d’origine; (2) tale apprendimento non ha alcun effetto negativo sull’apprendimento della lingua tedesca. I risultati, tuttavia, sono troppo incerti per poter offrire un chiaro orientamento pedagogico; (3) di conseguenza, un effetto senz’altro positivo dell’insegnamento della lingua d’origine sull’apprendimento del tedesco e su altre prestazioni scolastiche non può essere dimostrato.
In futuro sarà importante definire i possibili effetti in maniera più differenziata ed esaminare le condizioni in cui essi possono verificarsi. A questo proposito, possono essere prese in considerazione numerose competenze linguistiche e culturali così come varie questioni sociali, istituzionali e personali.
I pochi risultati disponibili indicano che le competenze testuali in più lingue e la capacità di apprendere altre lingue potrebbero essere validi oggetti di studio, e la vicinanza o la distanza tra l’insegnamento della lingua d’origine e il “normale funzionamento” della scuola dovrebbe essere presa in considerazione come importante fattore di influenza.
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