Ingrid Gogolin
Osservazioni preliminari
Nei contributi al presente manuale vengono presentati argomenti ed esempi a favore di un insegnamento di lingua d’origine di qualità in vari capitoli e da diverse angolazioni. Essi riguardano, da un lato, le condizioni quadro di un buon insegnamento, come il suo posto all’interno del sistema educativo, le attrezzature e i materiali o le qualifiche degli insegnanti; dall’altro, essi riguardano i contenuti e le caratteristiche del processo di insegnamento, cioè i principi per concepire un insegnamento di qualità. Se tutte le valide idee raccolte nel presente manuale potessero essere realizzate e messe in pratica in ciascuno di questi ambiti, il risultato sarebbe molto probabilmente un insegnamento ottimale della lingua d’origine.
Esso occuperebbe il suo posto naturale in seno al sistema educativo e contribuirebbe al raggiungimento di tutti gli obiettivi educativi universalmente riconosciuti. Le competenze acquisite nell’ambito di questo insegnamento avrebbero un valore educativo generale. Gli insegnanti disporrebbero della migliore formazione e del migliore aggiornamento professionale. Essi sarebbero posti formalmente sullo stesso piano degli insegnanti regolari, con pari diritti e doveri. Poiché l’insegnamento della lingua d’origine descritto in questo manuale esiste solamente in un contesto linguisticamente e culturalmente eterogeneo, tipico di una società di immigrazione, l’obiettivo dei corsi e della prassi didattica dei docenti è quello di permettere agli allievi l’acquisizione di quelle competenze linguistiche di cui hanno bisogno per gestire una vita autonoma, responsabile e di qualità in un ambiente linguisticamente complesso, eterogeneo e in continuo cambiamento.
L’insegnamento della lingua d’origine rientra qui tra i corsi di lingue che vengono offerti in un sistema educativo, esso costituisce un insegnamento più autentico e paritario, ma anche soggetto allo stesso obiettivo generale. Esso pertanto avrà avuto “successo”, secondo i principi che Andreas e Tuyet Helmke descrivono al capitolo 3 del presente manuale. Qui di seguito desidero illustrare alcuni aspetti della mia visione di un insegnamento ottimale della lingua d’origine.
1. Un insegnamento LCO ottimale promuove l’attitudine al plurilinguismo
Le domande relative alla funzione, al valore e alla forma di un insegnamento ottimale della lingua d’origine non possono che trovare delle risposte partendo da riflessioni più ampie che tengano conto delle sfide sociali, economiche, tecniche e culturali con le quali le scuole e le offerte educative extrascolastiche devono confrontarsi nel 21° secolo. In fondo, uno dei compiti essenziali dell’educazione scolastica (e non soltanto) consiste nell’offrire ai bambini e ai ragazzi le competenze necessarie per potersi affermare e vivere in maniera responsabile nel rispetto delle condizioni di un prossimo futuro.
La globalizzazione, la mobilità internazionale e le migrazioni sono delle sfide significative che i sistemi educativi devono affrontare nel presente e in un prossimo futuro. Questi sviluppi non possono più essere invertiti, al contrario, è possibile che essi si intensifichino, la loro diretta conseguenza è un’eterogeneità sociale ed economica, linguistica e culturale crescente nell’ambiente quotidiano di ogni persona, e questo praticamente in tutto il mondo. Una delle competenze che i sistemi educativi del 21° secolo devono introdurre per permettere a tutti di comprendere questo nuovo contesto e di prendervi parte, è quella della “comunicazione globale” (Griffin et al., 2012). In altre parole: l’attitudine a comportarsi in maniera competente in configurazioni linguistiche differenti, spesso anche in situazioni di incertezza linguistica o, in sintesi, l’attitudine al plurilinguismo.
L’attitudine al plurilinguismo consiste nel padroneggiare, in misura maggiore o minore, più di una lingua. Allo stesso tempo, essa consiste nel saper comunicare in situazioni linguistiche differenti. L’abilità al plurilinguismo include anche la sensibilità e la flessibilità linguistica, oltre alla capacità di trovare i mezzi per farsi capire anche quando non si conosce o si conosce soltanto in maniera rudimentale la lingua (le lingue) nella quale si desidera comunicare.
Con ogni probabilità il plurilinguismo caratterizzerà in futuro, in misura sempre più crescente, la vita linguistica di tutti i giorni, specialmente nelle aree urbane. Disponiamo di conoscenze limitate relative alla composizione linguistica della popolazione nei paesi europei, ed esistono pochissimi dati attendibili al riguardo. A differenza di alcuni paesi di immigrazione “classici” (come ad es. gli Stati Uniti, il Canada o l’Australia), in Europa non sono state effettuate statistiche linguistiche equivalenti. Alcuni studi individuali evidenziano, tuttavia, che la convivenza e la coesistenza di lingue differenti nelle grandi città non si differenzia affatto dalla situazione che si riscontra nei paesi di immigrazione classici (Gogolin, 2010). Possono benissimo esistere anche alcune centinaia di lingue utilizzate dagli abitanti di una grande città.
Poiché possiamo entrare in contatto in qualsiasi momento e in qualsiasi luogo con una varietà di lingue diverse, l’attitudine al plurilinguismo permette di conservare un atteggiamento rilassato e tranquillo nei confronti di tale situazione linguistica. Il plurilinguismo rappresenta il nostro presente e il nostro futuro, e più lo accettiamo (o nel migliore dei casi, lo amiamo), più sarà facile per noi orientarci.
L’attitudine al plurilinguismo è quello che scuole e altre istituzioni educative devono poter offrire ai giovani a loro affidati, per permettere loro di far fronte alle esigenze linguistiche del 21° secolo. Questa sfida si pone anche alle istituzioni educative che contribuiscono all’insegnamento delle lingue, parallelamente al sistema scolastico ufficiale, e vale per ogni tipo di insegnamento delle lingue: per quello della lingua utilizzata a scuola e in classe, per quello della lingua straniera e della lingua d’origine.
Un insegnamento ottimale della lingua d’origine aiuta gli allievi ad acquisire la capacità di parlare più lingue.
2. l plurilinguismo come risorsa
I bambini e i ragazzi che vivono sin da piccoli a contatto con due o più lingue hanno dei buoni presupposti per sviluppare l’attitudine al plurilinguismo. Crescere in un universo bilingue e plurilingue è inoltre un modo meraviglioso per allenare le competenze di base necessarie per l’acquisizione di ulteriori lingue. I bambini che crescono bilingui o plurilingui sono particolarmente avvantaggiati, rispetto ai bambini monolingui, nello sviluppo della consapevolezza linguistica. Essi riescono, ad esempio, a effettuare una distinzione tra la forma di un’affermazione e il suo contenuto più precocemente rispetto a bambini che crescono monolingui. Si tratta in questo caso di una prestazione intellettuale davvero straordinaria, favorita dalla possibilità di crescere tra due o più lingue. Le capacità cognitive vengono dunque allenate, ciò comprende la conoscenza del linguaggio e del suo funzionamento, la sensibilità al funzionamento e agli effetti di diverse forme espressive e la capacità di scegliere tra le forme espressive più adeguate quando ce ne sono varie a disposizioni. Si parla in questo caso di “competenze metalinguistiche”.
Alcuni studi scientifici hanno dimostrato che i bambini che crescono con due o più lingue portano con sé questi vantaggi quando fanno il loro ingresso a scuola. Tali studi hanno esaminato in particolare bambini di età compresa tra i quattro e i sei o sette anni (Bialystok & Poarch, 2014). È particolarmente importante per l’apprendimento scolastico che questo sia accompagnato da opportunità di transfer positivo, cioè il transfer delle conoscenze precedentemente acquisite in una lingua su un’altra lingua. Un bambino non ha bisogno di imparare ex novo per ogni lingua che un avvenimento avvenuto in passato deve essere formulato in modo differente rispetto a qualcosa che avviene nel futuro. Quello che deve essere appreso nuovamente sono le strutture di superficie nelle quali passato o futuro vengono espressi nelle varie lingue.
Crescere e vivere tra più lingue apporta dei vantaggi allo sviluppo intellettivo dei bambini e fornisce dei buoni presupposti per il proseguimento dell’apprendimento, e non soltanto sul piano linguistico. Ogni insegnamento di lingua dovrebbe tener conto di questi buoni presupposti e contribuire al loro ulteriore sviluppo.
Non è assolutamente garantito che i bambini continui-
no a sviluppare tali presupposti favorevoli all’apprendimento delle lingue e all’apprendimento in generale durante il loro percorso formativo. Essi dovrebbero piuttosto essere incoraggiati a utilizzare attivamente le loro competenze in ambito scolastico o extrascolastico e ricevere un sostegno sistematico per poterle sviluppare. A tal fine, è richiesta una prospettiva orientata alle risorse relative alle loro competenze e conoscenze bilingui o plurilingui, che non saranno “perfette”, specialmente nell’ambito dell’insegnamento della lingua d’origine. Le capacità acquisite dagli allievi nel proprio mondo della vita possono variare notevolmente a seconda delle condizioni nelle quali esse vengono acquisite. Tale eterogeneità viene ribadita in vari capitoli del presente manuale, ed è evidente che rappresenta un ostacolo per l’insegnamento. Ciononostante, essa costituisce la base sulla quale essi devono continuare ad apprendere e a sviluppare le proprie competenze linguistiche.
Un insegnamento ottimale della lingua d’origine non si concentrerà sulle carenze degli allievi, ponendo l’accento su ciò che non sono in grado di fare o fanno male, ma, al contrario, prenderà in considerazione le competenze e le esperienze di cui essi dispongono. L’offerta formativa verrà realizzata in modo che gli allievi possano attingere alle competenze e alle conoscenze linguistiche già disponibili (non solamente della lingua d’origine) e indicherà loro la strada verso l’acquisizione di ulteriori conoscenze.
Questo principio, che riprende le scoperte di Lew Wygotski (Wygotski, 1964) sulla psicologia dello sviluppo, permette agli allievi di continuare a sviluppare il loro apprendimento su una base sempre più solida. Il riconoscimento e l’apprezzamento delle loro competenze e conoscenze fornisce loro allo stesso tempo la possibilità di scoprirsi come allievi competenti, requisito essenziale al fine del successo dell’apprendimento.
In un insegnamento ottimale della lingua d’origine, le esperienze e capacità linguistiche pregresse degli allievi vengono sfruttate come risorsa per l’ulteriore sviluppo dell’apprendimento, e gli allievi vengono incoraggiati a considerarsi dei discenti competenti.
Le competenze metalinguistiche acquisite nel mondo della vita fanno parte delle risorse straordinarie dei bambini e dei ragazzi che vivono tra due o più lingue. Affinché esse non stagnino o addirittura si atrofizzino, ma vengano sviluppate il più possibile, esse necessitano di una guida esperta attraverso la lezione. L’obiettivo è quello di insegnare loro a sfruttare tali capacità in maniera sempre più cosciente e strategica, ai fini dell’acquisizione linguistica e dell’uso quotidiano della lingua. Il sostegno di tali competenze avviene tramite l’integrazione di esercizi metalinguistici nelle sequenze didattiche. Si tratta, in particolare, di incoraggiare sistematicamente gli allievi al confronto delle lingue e delle varietà nelle quali essi vivono. Ciò si può verificare su tutti i piani linguistici: sul piano della fonetica, ad esempio il rapporto tra fonemi e grafemi (a sostegno dell’apprendimento ortografico), sul piano dei principi grammaticali di costruzione delle lingue (a sostegno dello sviluppo morfosintattico), sul piano del significato sonoro delle parole o delle espressioni (a sostegno dello sviluppo pragmatico e delle capacità metaforiche) o sul piano della mimica e del linguaggio del corpo (poiché anche in questo ambito i significati non sono affatto universali, ma legati a tradizioni e ad abitudini linguistico-culturali). L’integrazione sistematica dell’apprendimento linguistico comparativo nell’insegnamento della lingua d’origine costituisce un elemento specifico dell’attivazione cognitiva peculiare e rappresenta il nucleo di un apprendimento efficace (cfr. Helmke ed Helmke nel presente manuale, cap. 3 A.2.2).
Per un insegnamento ottimale della lingua d’origine, l’apprendimento delle lingue mediante il confronto linguistico viene impiegato in maniera sistematica come mezzo di attivazione cognitiva. Questo principio si basa sulle competenze e sulle conoscenze linguistiche degli allievi acquisite/derivate dalle esperienze fatte nel proprio mondo della vita.
3. L’insegnamento della lingua d’origine come elemento di una formazione linguistica continua
Un insegnamento della lingua e della cultura d’origine che aiuti gli allievi ad acquisire le competenze linguistiche del 21° secolo è senza ombra di dubbio un elemento ufficialmente e pubblicamente riconosciuto dal sistema educativo nel quale esso è integrato. Tale integrazione può avvenire attraverso forme organizzative estremamente differenti, considerato il numero di lingue potenzialmente parlate dagli allievi di una scuola; non sarà sempre possibile soddisfare la richiesta tramite un’unica forma organizzativa. Si tratta piuttosto di creare delle opportunità di integrazione delle lingue nella vita scolastica regolare e di attribuire loro legittimità.
Nel quadro del programma modello Förderung von Kindern und Jugendlichen mit Migrationshintergrund/FörMig (“Promozione di bambini e ragazzi con una storia migratoria”), è stato elaborato un modello di riferimento che può indicare la via verso un’integrazione simile: il modello dell’educazione linguistica continua (Gogolin et al., 2011a). Lo sviluppo del modello si è posto l’obiettivo di indicare la strada verso una “nuova cultura dell’educazione linguistica”, in grado di rispondere in modo perspicace alle sfide della diversità linguistica e culturale.
Il termine “educazione linguistica” è stato scelto per mostrare con chiarezza che non si tratta di prendere delle misure occasionali e isolate, come ad esempio nel caso di un singolo progetto didattico che si estende per l’intero arco di un anno scolastico, ma si tratta, al contrario, di adoperarsi affinché l’insieme delle lezioni favorisca un’educazione linguistica e crei un clima favorevole e attento alle lingue in tutta la scuola. In questo modo si desidera dimostrare che il processo linguistico è un elemento fondamentale, con lo stesso valore di qualsiasi altro processo formativo. I temi didattici vengono prevalentemente presentati sotto una forma linguistica, indipendentemente da quale tipo di lezione si tratti. L’acquisizione delle conoscenze viene elaborata prevalentemente dal punto di vista linguistico, così come il controllo e la valutazione del successo dell’acquisizione delle conoscenze sono generalmente basate sulla lingua. Il modello dell’educazione linguistica continua a richiamare l’attenzione su tutti gli aspetti dei processi educativi, e insiste affinché l’insegnamento metta a disposizione anche quello che ci si aspetta dagli allievi in termini di competenze e conoscenze linguistiche.
Il concetto di continuità si riferisce alle tre dimensioni del modello rappresentato nel grafico sopra:
- La dimensione della biografia educativa
Essa afferma che i requisiti in termini di competenze e conoscenze linguistiche si evolvono lungo l’intera biografia educativa. Pertanto, il repertorio linguistico necessario per comprendere una poesia surrealista di Orhan Veli non può essere trasmesso in una lezione per principianti; il tema sarà affrontato quando gli allievi avranno la maturità per farlo.
- La dimensione cooperativa
Qui si allude al fatto che non è compito di una lezione fornire le conoscenze e le competenze linguistiche di cui necessitano i bambini e i ragazzi per poter affrontare i requisiti formativi nell’arco della propria biografia scolastica. Al contrario, ogni lezione vi contribuisce in modo specifico e adeguato al tema della lezione. Più i soggetti si accorderanno sui metodi e sugli obiettivi, così come sulla parte che ciascuno ricopre nell’ambito dell’educazione linguistica, maggiore sarà la possibilità che si verifichi un processo di acquisizione per i discenti. Questo è ciò che afferma il postulato della cooperazione: un processo educativo efficace può essere realizzato se tutti i soggetti interessati contribuiscono unitamente all’educazione linguistica, dividendosi il lavoro.
- La dimensione dello sviluppo linguistico
Essa afferma che l’insegnamento ha il compito di creare dei ponti che permettano agli allievi di unire le proprie esperienze, acquisite dalla pratica della lingua quotidiana nel mondo della vita, e di conseguire i requisiti linguistici che devono essere soddisfatti per un processo formativo di successo. La pratica della lingua nel mondo della vita si verifica in gran parte oralmente, spesso nelle varietà dialettali e sociali di una lingua. E sono anche queste le condizioni di insegnamento che i docenti devono aspettarsi nei loro corsi.
Le esigenze linguistiche nell’ambito dell’educazione, invece, seguono di solito i principi di sviluppo dell’uso della lingua scritta. La trasmissione dell’arte di leggere e scrivere, l’accesso al mondo della scrittura, questo è il compito esplicito del sistema educativo. Ed è a questo che fa riferimento l’educazione linguistica continua in questa dimensione: costruire dei ponti tra le esperienze linguistiche fatte al di fuori del sistema educativo e le esigenze imposte dallo stesso sistema, dall’uso quotidiano della lingua al linguaggio di insegnamento; dal plurilinguismo dei mondi della vita al plurilinguismo educativo (si veda anche il cap. 8 A del presente manuale).
Non esiste una formula magica su come applicare nella pratica il modello dell’educazione linguistica continua. È necessario piuttosto adattarsi alle condizioni in cui opera il sistema educativo. In relazione all’insegnamento della lingua d’origine, è evidente che in una comunità scolastica in cui si insegna a bambini con poche lingue d’origine in comune si farà un lavoro diverso rispetto a scuole frequentate da bambini con venti o trenta lingue d’origine diverse. Nell’ambito del programma del modello FörMig, sono state raccolte e documentate esperienze relative allo sviluppo di offerte educative adattate a ciascuna situazione; esse non possono di certo essere riutilizzate così come sono, ma offrono dei consigli e delle indicazioni utili (cfr. ad es. Gogolin et al., 2011b o i numerosi suggerimenti sul sito web www.foerming.uni-hamburg.de).
4. Esempi di un insegnamento LCO ottimale
In conclusione, vorrei presentare due esempi nei quali si possono identificare dei modelli di insegnamento di lingua d’origine ottimali, sviluppati secondo i concetti descritti. Entrambi gli esempi sono tratti da esperienze reali, e rappresentano qualcosa di utopico e allo stesso tempo già sperimentato.
L’alfabetizzazione secondo il principio “a cerniera”
Immaginiamo un insegnamento ottimale della lingua d’origine nella scuola primaria. Tale insegnamento fa parte della vita scolastica quotidiana, esso si svolge nel quadro del programma scolastico regolare e gli insegnanti hanno l’opportunità di coordinarsi tra di loro al fine di programmare le sequenze didattiche successive in uno spirito di cooperazione. Il corso di lingue ha l’obiettivo di far acquisire agli allievi familiarità con i primi caratteri scritti. La collaborazione tra gli insegnanti deve fornire ai bambini delle strategie di transfer nell’apprendimento della scrittura. Immaginiamo ora che nella comunità scolastica vi siano bambini con diverse lingue d’origine che vengono trascritte in maniera differente.
Nell’ambito di questa costellazione, si raccomanda di procedere secondo il principio “a cerniera” per l’alfabetizzazione e l’insegnamento della lingua d’origine, secondo quanto descritto nel contributo di Hans Reich (cap. 5 A del presente manuale): nella lezione di lingua comune a tutti i bambini (per il nostro esempio: la lingua tedesca), viene innanzitutto introdotta la relazione tra il relativo fonema e il grafema da apprendere; nelle varie lingue d’origine vengono poi ripresi i caratteri conosciuti e messi in relazione con le forme di scrittura adeguate per ciascuna lingua.
L’insegnamento viene concepito per tutto l’arco della scuola primaria sulla base del principio “a cerniera” delle offerte didattiche nella lingua tedesca e nelle lingue d’origine. I bambini acquisiscono così un vocabolario di base adeguato per l’educazione in entrambe le lingue in maniera comparativa, affrontano dei generi letterari mettendoli a confronto o sperimentano le funzioni di fenomeni sintattici secondo i differenti principi di costruzione delle rispettive lingue; benché l’attivazione nella lezione si basi su un principio unico che aiuta i bambini a sviluppare strategie specifiche di acquisizione linguistica e di impiego di risorse linguistiche, viene creato uno spazio di apprendimento specifico per ciascuna delle lingue interessate.
Insegnamento LCO come introduzione a un’educazione linguistica continua
I bambini e i ragazzi che frequentano il corso di lingua d’origine hanno il privilegio di vivere tra due o più lingue. Uno degli obiettivi dell’insegnamento della lingua d’origine dovrà essere quello di permettere anche alla comunità di insegnanti e di discenti di godere di tale privilegio. Ciò può essere realizzato avviando attività comuni che contribuiscano a far aprire gli occhi sul plurilinguismo e i suoi vantaggi.
Un esempio a questo riguardo è rappresentato da un liceo di Sachsen, una regione federale tedesca con un tasso di immigrazione relativamente basso, che aveva partecipato al programma modello FörMig. In questa scuola modello viene offerto soltanto l’insegnamento LCO di russo, ma sono presenti in realtà anche allievi di altre lingue d’origine. La scuola presenta con orgoglio il proprio “profilo plurilingue”. A questo proposito è stata ritualizzata un’attività: all’inizio di ogni anno scolastico vengono raccolte le esperienze linguistiche degli allievi che entrano nella 5a classe (cioè la prima classe del liceo, in tedesco “Gymnasium”). Qui gli insegnanti di tedesco e di lingua d’origine lavorano insieme. Il sondaggio viene realizzato grazie all’aiuto del “ritratto linguistico” elaborato da Ursula Neumann: le sagome di una bambina o di un bambino che gli allievi colorano, associando determinati colori alle lingue che essi conoscono (Gogolin & Neumann, 1991); cfr. l’illustrazione sotto.
Grazie a queste sagome, la nostra scuola sassone aggiorna il “censimento delle lingue straniere” che la scuola effettua regolarmente. Essi servono allo stesso tempo anche come base per tematizzare la questione della comprensione delle lingue e per promuovere la consapevolezza linguistica nei bambini nell’ambito della lezione. Ciò può essere realizzato, ad esempio, tramite un lavoro congiunto del corso LCO, dell’insegnamento del tedesco e dei corsi di lingua straniera sulla base dei portfolio delle lingue, nel quale lo sviluppo del plurilinguismo di ciascun bambino viene rilevato (Direzione dell’Educazione del Canton Zurigo, 2010).
Sono tali ponti, creati tra l’ambiente linguistico dei bambini e dei ragazzi, il loro sviluppo plurilinguistico promosso dall’insegnamento e i contributi a “una nuova cultura dell’educazione alle lingue”, che contribuiscono a ottimizzare l’insegnamento della lingua d’origine nel mondo della vita plurilingue.
Riferimenti bibliografici
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Griffin, Patrick; Barry McGaw; Esther Care (eds.) (2012): Assessment and Teaching of 21st Century Skills. Amsterdam: Springer.
Wygotski, Lew Semjonowitsch (1964): Denken und Sprechen. (Übersetzung der russischen Original- ausgabe von 1934 durch Gerhard Sewekow.) Berlin: Akademie-Verlag.